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Martignano panorama 

In questa pagina puoi trovare informazioni storiche su MARTIGNANO


 Perchè parliamo di Martignano; semplicemente perchè qui ci abito pressochè da quando sono nato

 

Premessa

Topograficamente la regione appare un saliente montano a semitronco di cono articolato su successivi terrazzi morenici che conformano un piano inclinato a terrazzamenti, fitti nella parte alta e bassa, più distesi e aperti nella mediana. A monte, i dirupi strapiombanti del M.Calisio con lembi di frana da crollo, proteggono la zona dai venti da nord. Rocciosi, poveri d'acqua, di composizione geologica sedimentaria con affioramenti di marne e di tufi vulcanici, larghi sedimenti morenici, i luoghi presentano una interessante compattezza ambientale. Osservando una carta geologica si possono meglio individuare le formazioni rocciose. Il largo altipiano che separa Martignano da Cognola presenta uno strato morenico e di coltri eluviali. In esso emergono strati di scaglia rosssa e vulcaniti terziarie come basalti, brecce basaltiche e ialoclastiti. La scaglia rossa emerge massiccia, pulita dalla coltre sedimentaria, a valle di Martignano, verso Muralta e Pietrastretta. La scaglia rossa è un caclare marnoso, sossastro, facilemte sfaldabile in sottili scglie. E' originata dai grandi sedimenti formatisi circa 65 MA. Nella zona delle Coste, già rinomata area di cave di pietra, come l'intera area a ridosso del Borgo di S.Martino, a Trento, della Cervara, di Muralta , a diretto contatto con la scaglia rossa si estendono le formazionii di rosso ammonitico e del biancone, rocce sedimentarie formatisi nella lenta sedimentazione del Cretaceo (135 MA). In quell' epoca geologica si formò così quella pietra calcarea sfrutata intensamente per la costruzione della città. Questo settore collinare è interessato da un modesto sistema idrografico rappresentato prevalentemente dal Rio Saluga, responsabile del conoide dove sorge il nucleo storico di Trento. Questo piccolo rio, dall' apparenza innocua, è stato incanalato in più punti in condotte sotterranee ed in cunettoni che ne hanno velocizzato lo scorrere. In periodi di pioggia insistente, si gonfia pericolosamente rendendolo responsabile degli allagamenti della sede stradale a Port'Aquila. Si rimpiangono allora le cosidette casse di espansione presenti nelle vallette lungo il suo percorso, come quella presso le Coste, occupate ed invase dagli insediamenti residenziali.

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vista panoramica di Martignano


La dislocazione

Il villaggio di Martignano (m 390) è composto da due nuclei storici sovrapposti. La sua figura segue la scala dei ripiani poggiati al Calisio ed è adeguata all'originario sistema stradale. E' terra di roccie, di morene, di viti, di querce, al cospetto dello spettacolo del monte Bondone e del Gaza-Paganella divisi dalla Bocca di Terlago. Le case contadine, a nuclei compatti, movimentate dall' apparato dei ballatoi, si avvicendano alle residenze nobiliari del passato e alle nuove costruzioni dei quartieri residenziali. Martignano ha due chiese. L'una, quella vecchia, dissacrata, dedicata a S.Isidoro. L'altra, quella nuova, dedicata a Maria Ausiliatrice. Entrambe, seppure con diverse modalità, sono indicative della storia di Martignano perchè contengono il senso della proprietà terriera privata di matrice urbana e l'impulso comunitario locale.

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girando di quà e di là in località Maderno ....


Chiesa di S.Isidoro

S.Isidoro (m 373) era all' inizio cappella nobiliare. Già nel XVII secolo, e per consolidata tradizione, vi si celebrava la messa festiva. Si trovava "lungo la Ranza", confinava con "il Spiazzol", faceva parte del complesso fondiario residenziale che dalla Ranza andava al Forno. Tale complesso, nel 1688 fu venduto da Francesco Guidotino da Trento ai fratelli Giacomo e Giovanni Antonio de ROveti. Cappella e messa festiva ne seguirono le sorti. Altrettanto avvene allorchè i de Rovereti vendettero i luoghi agli Altenburger. Gli Altenburger ricostruirono in bello stile barocco la cappella. La dotarono di campana, di altare di marmi castionesi, della pala della Madonna con Bambino, S.Isidoro e angeli firmata ".. a Rosa" e datata 1768. La arrichirono di stucchi e di una sobria decorazione pittorica. Queste cose furono documentate nel 1837 dal barone Luigi Altenburger in occasione della vertenza insorta con il curato di Cognola e nella quale intervennero il Comune di Cognola, il Magistrato consolare di Trento e l'Ordinariato vescovile. La facciata della chiesa espone sopra il portale a lunetta con conchiglia lo stemma degli Altenburger. Ilcampanile è a vela ed è sormontato da cuspide a cipolla. In origine la chiesa era collegata alla casa nobile accanto. In seguito divenne chiesa curaziale. Fu abbandonata quando entrò in funzione la nuova parrochhiale e fu annessa nel 1953 alla Scuola materna. Sulle antine dei due armadietti a muro della parte absidale, ignoto segnò con il lapis i nomi delle persone morte e taluni avvenimenti aconnessi alla chiesa. Ecco alcuni esempi: "ai 13 aprile 1884, comperato le corde" (della campana); "ai 27 marzo 1888 è morto Dott. Medico Bertamini";"li 2 genajo 1890 è morto Sign. Curato di Cognola"(Don giovanni Maistrelli da Tassullo);"il 15 aprile 1891 è morto Isidoro Leveghi";"li 26 giugno 1891 è morto Giuseppe Boler d'anni 82";"li 20 luglio 1892 è morto Angelo Mazzalai";" li 21 maggio 1896 morto Sign. Barone Menghin a Rovereto";"Furlani Emilio Pittore Povo". Fina al 1940 i funerali partivano da S.Isidoro diretti, con corte a piedi, al cimitero di Cognola. I morti venivano portati a spalla. Una delle campane di S.Vito sarebbe stata donata dalla comunità di Martignano per suonare l'"agonia". Così si racconta. Il palazzotto di fronte alla chiesa fu dei Guidotino, de Rovereti, deglia Altenburger. L'allineamento delle case vicine ne ripete, sebbene con modestia, gli schemi cinquecenteschi. La piccola chiesetta è stata tratta dall'oblio grazie anche ad un libro dell'Architetto Antonelli Adamoli. RESTAURO Domenica 24 settembre 2000, la comunità di Martignano, è stata chiamata avivere un momento di festa per l'inaugurazione della chiesetta, un doverose restauro dopo 50 anni di abbandono di quella che è stata la "chiesa madre" della comunità cristiana di Martignano, in tale occasione si segnalava come questa chiesetta sia stata ceduta alla comunità per 3.500 coronne, una cifra allora molto elevata per quella povera gente a cui stava a cuore avere un luogo per le loro celebrazioni e per la preghiera. I lavori di restauro sono durati più a lungo per alcuni interventi non previsti, dovuti allo stato di degrado in cui si trovava il piccolo edificio, particolarmente la struttura portante del tetto e il restauro degli intonaci interni, danneggiati da infiltrazioni d'acqua che in parte hanno rovinato anche gli stucchi. Notevole lavoro ha comportato il ripristino della cornice marmorea asportata 50 anni fa per abbellire la nicchia dell'abside della nuova chiesa, dove era stata collocata la statua dell'Ausiliatrice e la risistemazione nella sua posizione originale dove era stata ideata come cornice alla bella pala di S.Isidoro, unica opera, conosciuta in Regione, del valente artista veronese Saverio Dalla Rosa (1768).E' stata inoltre abbattuta la cantoria, struttura realizzata in questo secolo per ampliare gli spazi della chiesetta, ma che guastava la sobrietà e l'eleganza delle linee del piccolo spazio.

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La chiesetta di S.Isidoro


Chiesa Parrocchiale Nuova

La Chiesa Nuova (m390) si trova nella parte alta del paese, sulla via oggi intitolata a Don Leone Serafini. E' inserita , in uno slargo, tra la cortina di case sei-settecenteshe del Dosso. La lapide a lato del portale maggiore è in onore di don Leone Serafini (1903-1955) "primo parroco di Martignano" che "eresse questa chiesa", Fu fatta affiggere dal "suo popolo nel V anniversario della morte".Le altre tre lapidi presso la porta laterale sud sintetizzano la vicenda sacra del villaggio come la contribuzione data per l'erezione della chiesa da Papa Pio XII, ALcide Degasperi, Regione Trentino Alto Adige, Comune di Trento; la rimembranza dei diciannove caduti della guerra 1914-18 e dei cinque dispersi in guerra 1940-45; quella che ricorda don Leonardo Bertolazzi da Torbole che per 52 anni, dal 1856 al 1908, si occupò della cura d'anime di Martignano e dei successori don Francesco Cimarolli primo curato (1909), don Luigi Odorizzi (1910), don Angelo Avancini (1914-18), mons. Giovanni Battista Zorzi (1919-35), don Leone Serafini. L'epigrafe annota altresì la donazione dell'edificio della canonica da parte del barone Giobatta Sardagna nel 1842, la fondazione del beneficio fatta dal cav.Marsilio de Mersi nel 1852, la donazione della parrocchia avvenuta nel 1938. Questa piccola soria epigrafica di villaggio a contatto con la città, trova rispondenza nell'arredo della chiesa: i battenti delle porte laterali scolpiti da Mario Coraiola, le due tele presbiterali dipinte da Matteo Tevini nel 1940, gli angeli absidali affrescati da G. Trainini nel 1952, la statua della Madonna posta nella cornice marmorea barocca sormontata dal bassorilievo del Padre Eterno qui portata dalla vecchia chiesa, la pietra dello zoccolo dell'arco santo con segnati l'anno di erezione, 1946, e l'anno di consacrazione, 1950


Cappella pubblica

Un altra cappella (m369) completa il paesaggio sacro di Martignano . Seguendo la strada piana del Forno, dalla chiesa di S.Isidoro verso il cimitero, si incontra un piccolo edificio. Era "la cappella pubblica" di Casa Angeli e fu edificata nel 1745. Il portale ad arco pieno sesto a lato dava accesso al brolo. Il campaniletto a vela accoglieva una campana. L'interno era decorato a fresco come suggerisce il lacerto policromo raffigurante un angelo. Cappella, il cui tetto è ricoperto in lastre di porfido, portale, muro, maso vicino vigilato da un cipresso, strada tra muri che scende al Maso che fu degli Alberti e prosegue per Piazzina, propongono uno scorcio già comune alla collina trentina.

CAPPELLA
la Cappella Pubblica


Il centro

Al crosarol termina Via don Leone Serafini, inizia via Bellavista che scende a Trento e vi giunge Via del Forte. Nello spazio verde a ridosso delle case, presso il Dos de la Rachele, già occupato da un ciuffo di noci, è stata collocata la composizione astratta del monumento dei caduti.Superata la stretta tra le case si apre la piazza di Martignano. Ai margini della piazza, Via Formigheta, crocicchio di vecchie strade, c'era una fontanella di pietra e l'edicola del Crocifisso adombrata da due Ippocastani. La rettifica stradale ha stravolto questo piccolo ambiente. La fontanella è stata distrutta, L'edicola spostata presso la Sciuola Materna. Il crocifisso ligneo dell'edicola è un buon lavoro settecentesco. La cancellata che lo protegge è di ferro battuto. Sulle pareti interne è murata la lapide posta nell' "anno del fanciullo" del 1970. Un vasto slargo pavimentato in cubetti di porfido si estende tra la strada e la "Casa Sociale", recentemente restaurata. Questo slargo è diventato la Piazza di Martignano. Una nuova fontana in pietra è stata collocata ai margini, lo spazio è arredato da panchine ed è utilizzato per manifestazioni e feste paesane.


La Piazza

La piazza della scuola è stata dedicata a Giuseppe Menghin "benefattore di Martignano, 1852-1925" La sua disposizione è esterna rispetto ai nuclei storici, Il suo disegno sembra conseguente all' allineamento stradale di vecchie residenze di villa, quali Villa Sardagna con parco, e casa ex Manci, in combinazione con l'aggregato posto sulla Formigheta e perfezionato nel secondo dopoguerra dall'edificio scolastico. La casa che a monte chiude il quadro, all'inizio delle Costiole, è esempio di dimora rustico signorile del passato: il portale di sud da accesso alla corte, il portale di nord agli avvolti, la scala esterna sale al piano abitativo, il grande poggiolo di pietra è poggiato su modiglioni. Il cason delle Costiole ne ripete la concezione.

SCUOLA
La scuola Elementare


Ricordi e memorie

Ecco una foto veramente unica e curiosa nella quale alla piazza della scuola dedicata a Monsignor Giuseppe Menghin "benefattore di Martignano, 1852-1925" era stato attribuito il cognome Meneghin. Dopo una opportuna segnalazione di un nostro concittadino il comune ha provveduto alla sua sostituzione.

Piazza Menghin
segnaletica 2005 …


La Parte Nuova

La cintura dei nuovi quartieri è realtà avulsa, estranea, al villaggio, anche se le due presenze vanno lentamente compenetrandosi quale composizione contemporanea di paesaggi urbani. L'area sulla quale si estende il vasto complesso a valle dei Bolleri fu nel 1978 motivo di un movimentato braccio di ferro tra i contadini proprietari del terreno e le cooperative edilizie forti di una legge provinciale. Il complesso è allineato su un terrazzo panoramico. E' un pò il simbolo della fase storica e sociale recente, di quando la città pareva rifiutare il suo naturale ruolo abitativo per rovesciarsi negli spazi fino allora con rigore riservati all'agricoltura.

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girando quà e là, da Martignano, alcuni scorci .…


Il Maso

Il vecchio ed il nuovo si alternano sul piano e sulla costa. Al margine dei vigneti, al di sopra della rampa della "strada del vino", ci sono le due case affiancate del Mas. La fattoria e la residenza di villa. Furono dei Del Monte, dei Mersi, dei Menghin, dei Taxis. Oggi sono sede di un'azienda agricola e denominate Maso Martis. La cancellata in ferro battuto si apre sul giardino antistante il prospetto di mezzogiorno, quello nobile, dove c'è la cappella settecentesca.

MASO
Il maso


Da 30 anni al servizio della comunità

a cura di Flavio Ferrari

Sono passati trent’anni da quel lontano 1972 quando don Cornelio Branz, all’epoca parroco del paese, chiamò Aurelio Rudari e Renato Scarpari per invitarli a fare qualcosa per organizzare la vita socio - culturale e ricreativa del sobborgo. E così nacque il “Comitato per le attività culturali e ricreative” chiamato in forma breve “Comitato”. Erano gli anni di sociologia, della “contestazione”, delle lotte operaie, di conflitti e incomprensioni, ma anche di grandi entusiasmi e idealità. Forse l’idea di don Cornelio era proprio quella di indirizzare questi entusiasmi e queste idealità verso fini sociali concreti ed in favore di una comunità che si andava trasformando rapidamente da piccolo borgo rurale a quartiere residenziale della città. Erano i tempi dei primi massicci insediamenti abitativi quando la città incominciò ad espandersi a macchia d’o-lio e l’abitare in collina era un fatto molto ricercato pro-prio per la bellezza del paesaggio e la qualità dell’ambiente. Diceva lo slogan di un’agenzia immobiliare: “venite ad abitare a Martignano; qui le foglie sono più verdi”.

Non si trattò però solo di una trasformazione profonda dell’ambiente naturale; c’era la necessità di integrare vecchi e nuovi residenti, di superare le divisioni nate con gli insediamenti dell’edilizia abitativa, di accogliere nuove famiglie, di rispondere a nuovi bisogni, in altre parole di creare una nuova comunità. In questo il Comitato è stato sempre in prima linea promuovendo manifestazioni, incontri, dibattiti, feste e realizzazioni concrete sia nel mondo della scuola che nella parrocchia. Va ricordato l’impegno per la costruzione dell’oratorio, il sostegno a tante associazioni locali, l’apertura ai giovani, il recupero delle tradizioni e della storia locale anche in chiave folcloristico - ricreativa, come nel caso della Disfi-da dei Canopi che oggi è conosciuta a livello internazionale. Sta di fatto che il Comitato in questi trent’anni è sempre stato punto di riferimento per tutte le numerose associazioni di volontariato che operano a Martignano; in prima fila quando si tratta di raccogliere fondi per qualche opera comunitaria o per i nostri missionari. Esso è stato il presidio organizzativo non solo per le “feste del paese”, ma anche una fucina d’idee e palestra di partecipazione. Tante persone hanno dato il proprio lavoro e la propria professionalità; sacrificato tempo e, a volte, denaro per la comunità. A tutti va il più sincero grazie da parte dei “martignani di buona volontà”. Alcune di loro non ci sono più: sono passate “a miglior vita” oppure si sono trasferite fuori paese, ma il Comitato ha sempre saputo trova-re nuove energie e nuovi apporti qualificati. Il raggiungimento di un traguardo così significativo, come quello dei trent’anni d’attività, impone una riflessione non solo sul passato, ma anche sul futuro della nostra associazione. C’è bisogno di nuovi apporti, d’idee e di lavoro, proprio per contrastare quella tentazione di isolarsi nel privato di fronte d un mondo sempre più complesso e difficile. C’è bisogno di rinsaldare i vincoli di una comunità che è cresciuta e si è trasformata, ma che ancora necessità di approfondire la propria identità e le ragioni del suo vivere insieme. Un brindisi augurale... Il Comitato quest’anno si è dotato di un nuovo Statuto, conforme alla legge del 7 dicembre del 2000 sulla “Disciplina delle associazioni di promozione sociale senza fini di lucro”. In questa legge, oggi recepita anche dagli Organismi regionali e provinciali, all’articolo uno sta scritto: “La Repubblica riconosce il valore sociale dell’associa-zionismo liberamente costituito e delle sue molteplici at-tività come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo; ne promuove lo sviluppo in tutte le sue articolazioni territoriali, nella salvaguardia della sua autonomia favorisce il suo apporto originale al conseguimento di finalità di carattere sociale, civile, culturale e di ricerca etica e culturale”. È proprio quello che il Comitato intende fare anche per il futuro per il bene delle associazioni e delle famiglie di Martignano

Comitato Attività Culturali e Ricreative di Martignano www.calisio.it


Eren così - luoghi attività volti di Martignano

a cura di Flavio Ferrari

Nel dopoguerra l’economia rurale locale risentiva ancora di una profonda crisi. Martignano era un paese di meno di 500 abitanti (compresi gli ancora numerosi masi sparsi sulla collina Est di Trento) la cui economia si fondava sulla campagna. I contadini dovevano spesso “arrotondare” con altri lavori, per lo più trovati in città. I pochissimi che si improvvisavano artigiani e operai scendevano quotidianamente in città a piedi o in bicicletta. La strada di accesso principale al paese era tutt’altra cosa rispetto all’attuale via Bellavista e, per la gran parte, risul-tava l’attuale via dei Castori con inserimento sulla salita di via Sabbionare per lo sbocco nelle vicinanze della Chiesa parrocchiale costruita nel 1950. Martignano era veramente paese con sua identità staccata dalla città anche se vista poco distante. Anche Don Leone Serafini, parroco di Martignano dal 1937 al 1955 e promotore delle prime opere ed attività sociali, scendeva a Trento in bicicletta per andare ad insegnare (era dottore in Giurisprudenza) in Seminario: al rientro il curato doveva necessariamente spingere la bicicletta fino a che non incontrava qualche ragazzo, orgoglioso di entrare in paese spingendo la bici del parroco! In quegli anni c’era un forte sentimento di ricostruzione, un ritrovato gusto del sociale e in genere del “nuovo” e della po litica come promotrice dello sviluppo. Proprio per queste spinte ideologiche sentite dalla comunità verso una ritrovata identità sociale, una fierezza di “appartenere” al territorio, accompagnata alla lungimiranza e, per alcuni versi anche scaltrezza, di Don Leone Serafini, furono gettate le basi, ... o meglio, direttamente le fondamenta, della nuova Chiesa parrocchiale (prima il servizio liturgico veniva offerto presso la Chiesetta di S. Isidoro) e della “Casa del bambino”, successivamente rinominata “Scuola Materna Don Leone Serafini”. Poco tempo dopo, già negli anni ’60 Martignano cominciava a crescere a vista d’occhio, aumentavano il numero di abitazioni nei terreni allora facilmente sottratti alle campagne. I servizi però non crescevano parallelamente. Qualche latitanza dell’Amministrazione comunale ha consentito indirettamente uno sviluppo urbanistico disordinato di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. Allora peraltro le strade erano veramente strette, mancava l’illuminazione pubblica un po’ dovunque in pae-se. Si legge che anche le scuole elementari (fondate nel 1926) già nel 1960 erano strette! (principio di circolarità ricorsiva?) e si optò evidentemente e semplicemente per le due classi nelle “baracche” posizionate nel piazzale fino alla ristrutturazione sostanziale in tempi relativamente recenti. Gli unici negozi erano la “botega” di alimentari e bazar Facchinelli (allora in piazza Menghin nell’attuale Centro Sociale - spazi degli ambulatori -, con annessa una piccola osteria, successivamente spostati al posto dell’attuale negozio di vestiario e del bar di oggi). Di particolare importanza storica la Famiglia Cooperativa di Martignano, presente fin dal 1926; inizialmente nell’edificio ove risiede attualmente la famiglia Cittadini, in via D.L. Serafini, poi trasferita negli anni ’60 nell’attuale negozio di idraulica Leveghi. Negli anni ’80 la “Cooperativa” si trasferì nuovamente nell’edificio posto in prossimità del l’incrocio di via Formigheta e la Strada del Vino (casa bianca e rossa) a fianco della Cassa Rurale. L’attività fu poi ceduta ai Supermercati Poli. Sempre in “casa Cittadini” fino agli anni settanta era presente il Bar-dopolavoro Enal (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori - presente dal 1945 in sostituzione della fascista OND, Opera Nazionale Dopolavoro), gestito dal martignano Gardumi Al-berto (presidente); in precedenza (ma la data non è stata accertata) era situato in Piazza Menghin - Palazzo Sardagna. Il bar dopolavoro Enal fu chiuso definitivamente in seguito alla sopressione dell’Enal da parte del Governo (anni ’70). La prima macelleria di Martignano era la Florio Decarli (di Cognola) poi trasferita fuori paese. La macelleria Floriani Giuseppe e Saverio, presente dal 1953, era inizialmente ubicata dove ora c’è il negozio di calzature in centro al paese, si spostò poi sull’incrocio con via Sabbionare. Fra gli artigiani “storici” si possono ricordare i calzolai Anselmo Moresco (anche sacrestano della chiesa, che abbandonò poi l’attività) e i Fronza che iniziarono con Vittorio (classe 1883). La “botega del Caliar” era situata dove ora c’è la sala riunioni circoscrizionale, nel centro Sociale, con accesso dalla scaletta allora costruita in senso contrario all’attuale. Il panificio Mosna Aldo iniziò l’attività in Piazza Menghin nel 1951, trasferitosi nel 1962 in via Don Leone Serafini, fino al 1978 quando cessò l’attività. Fra gli altri artigiani i muratori Leveghi Giovanni e successivamente negli anni ’60 i fratelli Piffer e gli idraulici Leveghi. Tutti hanno mantenuto e sviluppato notevolmente la propria attività. Fondamentalmente il paese era tutto lì. Fra le curiosità storiche si apprende che dal 1942 i primi tulipani del Trentino venivano coltivati a Martignano (gli ampi terrazzamenti godevano di un’esposizione ottimale e la vicinanza alla città facilitava tale commercio) e messi in vendita ai mercati di Trento. Fra le date storiche va ricordato: 1938 fondazione della Parrocchia di Martignano (dagli annali della parrocchia si rilevano 756 abitanti) • 1943 costituzione della Filodrammatica La Baraca (Valdagni Franco - Scoz Valentino - Scarpari Pierino Moresco Luigi) la cui attività fu sospesa durante la 2° guerra mondiale • 1953 costruzione della “Casa del Bambino”, ora Scuola Materna Don Leone Serafini • 1954 costituzione del-l’A. N.A. Gruppo di Martignano (Mazzalai Remo-Salizzoni Gino) • 1968 fondazione del Coro Monte Calisio (a seguito della “messa al bando” dei cori parrocchiali).

Le notizie anzi riportate in sintesi e forse frettolosamente non sono probabilmente complete ed esaustive, ma sicuramente contribuiscono a dare significato e volto alla storia “recente” del sobborgo.

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Alcune foto e scorci di Martignano anni "1950"


La popolazione di Martignano 1951-2002

a cura di Flavio Ferrari

anno 1951 abitanti 380 Martignano (solo paese) Località minori rilevate da Cognola
anno 1961 abitanti 414 Martignano (solo pese) Località minori rilevate da Cognola
anno 1971 abitanti 660 Martignano (e loc. minori) Dati censimento Popolazione - ufficiali
anno 1981 abitanti 2.995 Martignano (e loc. minori) Dati censimento Popolazione - ufficiali
anno 1991 abitanti 3.921 Martignano (e loc. minori) Dati censimento Popolazione - ufficiali
anno 2001 abitanti 4.371 Martignano (e loc. minori) Dati censimento Popolazione - non ufficiali
anno 2002 abitanti 4.750 Martignano (e loc. minori) Proiezione da dati Circoscrizione Argentario

Località minori = Maderno, Bergamini, Bolleri, altri insediamenti sparsi.


Toponomastica di Martignano nel 1973

a cura di Flavio Ferrari

1 Via Costiole 6 Via Bellavista 10 Via del Forte
2 Via del Biancospino 7 Via Cesarini 11 Via Don Leone Serafini
3 Via Castel dei Merli 8 Via dei Castori 12 Via Sabbionare
4 Via ai Bolleri 9 Via del Capitel 13 Piazza G. Menghin
5 Via alle Gemelle


Toponomastica di Martignano nel 2002

a cura di Flavio Ferrari

1 Bassano 8 Via alle Gemelle 15 Via del Dos
2 Via Camilastri 9 Via Bellavista 16 Via del Forte
3 Località Martignano 10 Via Castel dei Merli 17 Via dell’Albera
4 Piazza dei Canopi 11 Via Cesarini 18 Via Costiole
5 Piazza G. Menghin 12 Via dei Castori 19 Via Don Leone Serafini
6 Via ai Bolleri 13 Via del Biancospino 20 Via Missioni Africane
7 Via alla Formigheta 14 Via del Capitel 21 Via Sabbionare


La leggenda del Monte Calisio e del Lago di S. Colomba

IN UN'ANTICA LEGGENDA TRENTINA RIVIVONO REALTA' MODERNE DI UN POSSIBILE CONTATTO UFO IN UNA MINIERA D'ARGENTO - a cura di MATTEO SCALABRIN

Introduzione

Per un amante come me della montagna, (in particolare delle "mie montagne": le Dolomiti) e per uno studioso come me del fenomeno UFO, (in particolare della paleoastronautica: l'ufologia in passato) la leggenda del Monte Calisio, detta anche "del lago di S. Colomba", rappresenta il giusto connubio dove poter indagare. Data l'incerta origine della leggenda, può darsi che qualsiasi considerazione relativa al fenomeno UFO sia in realtà totalmente infondata, ma il mio scopo è presentarne ai lettori i punti in comune.

Storia

Il monte Calisio si trova appena a nord-est della città di Trento e rappresentava, già dal XII secolo, una grandissima fonte di reddito, grazie alla sua miniera d'argento, ora è meta di numerose spedizioni speleogiche. Nell'accordo del 24 marzo 1184, il vescovo Alberto riconobbe che il monte doveva esser considerato una proprietà comune tanto al ricco che al povero per le vene di galena argentifera. Nel caso in cui uno scopritore di giacimenti trovasse un luogo che si fosse rivelato particolarmente redditizio, avrebbe dovuto mettersi d'accordo col principe o col suo gastaldo. Da qualche secolo ormai le miniere del monte Calisio sono state completamente abbandonate. Il ricordo delle grandi ricchezze estratte dalla preziosa montagna, delle passioni e dei desideri di coloro che hanno lottato duramente per impossessarsene permane però ancora in questa leggenda.

La leggenda

Tanto tempo fa, il monte Calisio era tutto coperto da verdi pascoli. Ogni primavera, i pastori risalivano le sue pendici con i propri greggi, attirati dall'abbondante erba e dall'acqua che, in breve tempo, rendevano i loro animali grassi e forti. Fra i pastori vi era un ragazzino, proprietario dl uno zufolo che egli era solito suonare seguendo le sue dieci pecorelle. Un giorno, egli si trovava proprio ai piedi del monte Gallina, vide scendere dal cielo un globo luminoso. A quella vista il pastorello spalancò gli occhi e rimase attonito. Lentamente, il grande globo continuò a scendere, si avvicinò alla terra, sembrò toccarla e sprofondarsi in essa. Terrorizzato il ragazzo gettò un urlo e poi cominciò a correre a perdifiato verso casa sua. Come giunse in vista del paese, cominciò a gridare: "Padre, madre, aiuto, aiuto" ! A quelle grida, porte e finestre si spalancarono e tutti quelli che a quell'ora non erano nei campi si affacciarono chiedendosi l’un l’altro cosa fosse successo. Arrivarono anche i genitori del nostro pastorello che, temendo gli fosse accaduto qualcosa, gli corsero incontro tutti affannati: "Che ti è successo, figlio mio? Su racconta: forse che un orso ha assalito il tuo gregge? Oppure i briganti ti volevano uccidere?", gli chiese il padre. "No", rispose il ragazzo, "ho visto un globo". "Un globo ?", rispose perplessa la madre. "Certamente, un globo. E' sceso dal cielo ed è sprofondato nella terra", insisté eccitato il pastorello. A quelle parole il padre cominciò a rimboccarsi le maniche della camicia ed a gridare minaccioso: "Un globo eh, a chi vuoi darla ad intendere ? Invece di badare alle mie pecore ti sei addormentato ed ora vuoi farci diventare gli zimbelli di tutto il paese raccontando i tuoi stupidi sogni. Te lo do io il globo adesso !" E afferrata una verga che si trovava lì presso, l'alzò minaccioso sul figlio che si voltò precipitosamente cercando di salvarsi nei prati. I paesani si affollarono attorno ai suoi genitori, compassionandoli e tentando di consolarli: "Poveretti !" dicevano, "dopo tutto quello che avete fatto per quel figlio, dopo che gli avete insegnato a portar le bestie al pascolo, a zappare, a spaccar legna, ad essere sottomesso ed umile, ecco che lui si mette in testa di poter sognare a piacer suo. Non solo, ma pretende anche che gli altri sì interessino ai suoi sogni ! Poveretti voi, poveretti voi !" Intanto, il ragazzo era tornato in cima al monte, vicino alle sue pecorelle. Raccolse da terra, dove gli era caduto, l'amato zufolo e si guardò attorno sospettoso: non vide nulla di strano dei globi neppur una traccia. "Forse ha ragione mio padre, "disse fra sé e sé. "Il globo me lo sarò sognato." E, portato alle labbra lo zufolo, ricominciò a suonare. Il giorno seguente, verso mezzogiorno, il ragazzo vide ancora un globo luminoso staccarsi dal cielo, scendere lentamente verso di lui ed affondare nel terreno poco distante. Socchiuse gli occhi, li riaperse. Davanti a lui non vi era più nulla. "Sto proprio diventando un gran dormiglione", disse fra sé e sé. "Ha ragione mio padre: devo correggermi da questo brutto difetto" E se, in fin dei conti, il suo non fosse stato un sogno? Aspettò con impazienza il giorno seguente. Le ore gli sembravano eterne. Si stava avvicinando mezzogiorno ed il pastorello cominciò a darsi pizzicotti per esser certo di non sognare. Scrutò intensamente l'orizzonte. Ad un tratto, dalla volta celeste sembrò staccarsi un grande globo luminoso che lentamente scese verso di lui, finché si sprofondò poco lontano. Ben deciso a venir a capo di tanto mistero lì pastorello, vinto il proprio sgomento, corse là, dove era sparita l'immagine misteriosa. Quale non fu la sua sorpresa nel trovarsi sull'orlo dl una enorme buca. Incuriosito vi scese dentro cercando i resti del suo globo. Invece, scorse, seduto poco distante, uno strano, vecchissimo ometto. Era tutto vestito dl scuro e uno sbertucciato copricapo gli nascondeva parte del viso. "Finalmente ti sei deciso a venire", esclamò stizzosamente l'ometto. "Mi... mi avevate chiamato ?" domandò il ragazzo. "Chiamato ?", s'indignò l'essere misterioso cambiò espressione in volto. "Sono tre giorni che, a nome di tutti i nani metalliferi ti invio il nostro segnale, la palla dl fuoco, e tu osi domandarmi se ti ho chiamato !" "Veramente. . . ?!" chiese il ragazzo, "il vostro globo era tanto bello che ho creduto di averlo visto solo in sogno." "Bene, bene", borbottò il nanetto, "concludiamo questo spiacevole argomento. Invece, "e la sua vocetta si fece stridula per la rabbia, "perché non mi chiedi cosa noi vogliamo da te ?" "Già, proprio", sussurrò il pastorello che cominciava a spaventarsi sul serio, "che volete da me ?" Il nano metallifero lo squadrò dalla testa ai piedi, poi toccandosi la sua lunga barba, disse: "Stammi a sentire: a noi è giunta voce che tu sei un gran bravo ragazzo. Ed io non lo metto in dubbio. Un po' tontarello, forse, ma certamente bravo. Grazie alla tua virtù il mio popolo ha deciso dl farti partecipe delle grandi ricchezze che noi abbiamo accumulato in secoli di indefesso lavoro, nelle viscere della terra. Se tu scaverai in questa buca, troverai tanto argento da vivere per sempre nella ricchezza. Ti dirò di più. Tutti gli uomini che scaveranno in questo luogo diventeranno dei gran signori. Però ricordati: come noi nani, oggi, ci mostriamo generosi verso gli uomini, essi, a loro volta, dovranno esserlo, sempre, col loro prossimo. Il giorno in cui qualcuno di essi mancasse di carità verso un povero, noi verremmo a vendicare il tradimento ed a riprenderci il tesoro". Detto questo, il nano metallifero fece un inchino al pastorello e poi sparì nella terra smossa. Il ragazzo, senza perder tempo, corse a casa e narrò al suoi genitori ciò che gli è capitato. Padre e madre si guardarono in viso desolati, pensando che il loro ragazzo fosse definitivamente impazzito. Non avendo però il coraggio dl rimproverano in così grave contingenza, afferrati due badili, lo seguirono in cima al monte. Con grande sorpresa videro che la buca esisteva veramente. Ancora scettici cominciarono di malavoglia a scavare. La sorpresa fu enorme nell'accorgersi che, insieme alla terra vi erano dei pesanti pezzi d'argento. "Evviva !", gridò la madre, "Siamo ricchi !". "Sì", l'ammonì il ragazzo. "Non dimenticatevi, però, che per conservare questa ricchezza dobbiamo farne partecipi anche gli altri. Padre, madre e figlio, allora tornarono in paese e si fecero suonare le campane. "Cosa c'è, cosa c'è ?" gridavano tutti, accorrendo affannati. Quando tutti, ma proprio tutti i paesani furono in piazza, il padre del pastorello raccontò quel che era successo. Allora i paesani, munitisi di torce e badili salirono il monte, fino alla buca. Da quel momento per tanta povera gente ebbe inizio una nuova vita. Tutti si arricchirono permettendo però anche a quelli venuti da lontano, di godere del loro tesoro. Si succedettero agli anni felici, finché fu in vita, il pastorello, divenuto poi un uomo prudente ed un vecchio saggio, non si stancò mai di raccomandare a tutti di essere generosi. Un giorno, però egli morì e le nuove generazioni, un poco alla volta, dimenticarono i suoi ammonimenti diventando avare. Una sera capitò da quelle parti un viandante, stanco ed affamato. Bussò alla prima porta del paese. "Buona gente", supplicò ad una vecchia signora, "potreste darmi un tozzo di pane ? Sono molto affamato". "Se il pane fa comodo a te, fa comodo anche a noi", gli rispose con malagrazia la donna. "Se non sappiamo a chi darlo lo diamo ai nostri maiali." E gli chiuse la porta in faccia. Il viandante bussò ad un'altra porta: "Buona gente", disse all'uomo che aperse l'uscio, "non avreste da darmi ricovero per questa notte ? Sono molto stanco. Se mi addormento in un bosco temo di venir sbranato dagli orsi". L'uomo gli rispose. "A quel che sembra, voi potete servire proprio solo a sfamare gli orsi. "Addio", disse e gli sbatté la porta in faccia Il viandante bussò a tutte le porte del paese, ma nessuno gli diede né ospitalità né cibo. Giunse dinnanzi alla casa di una vedova, al limitare del bosco, (qui la leggenda non specifica se questa vedova è proprio quella del pastorello). Con sua grande sorpresa, la donna lo fece subito entrare, condivise con lui la sua cena e poi, accesa una candela, disse: "Venite, buon uomo. La stanza che posso offrirvi è poveramente arredata, ma pulita. Si sa, una vedova non può salire il monte a scavare l'argento quasi fosse un uomo, né attendersi aiuto da gente dura come i miei compaesani. Deve perciò cercar di vivere col poco che dà l'orto e il lavoro delle sue braccia". Il viandante la guardò poi, esclamò: "Non preoccupatevi buona donna. Per me la vostra camera e la cena che mi avete offerto sono degne di un principe, perché arricchite dalla vostra generosità. In compenso voglio darvi un consiglio; qualunque rumore udiate nel corso della notte, non affacciatevi alla finestra a guardare". Poi nadò via lasciando la donna stupita per quanto aveva udito. Lo sarebbe stata ancor di più se avesse potuto vedere quanto succedeva nella stanza del suo ospite inaspettato. Infatti, appena egli ebbe chiuso la porta, cominciò a rimpicciolire rapidamente. I suoi abiti divennero più scuri e sul capo gli comparve un cappello. Presto, presto il nano metallifero, lo stesso benefattore del pastorello, spalancò la finestra, scavalcò il davanzale, si lasciò cadere per terra, in istrada, e poi. . . via di corsa verso la cima del monte. Alle sue spalle si udì un gran tuono, poi la pioggia cominciò a scrosciare a dirotto, la terra tremò... una ad una delle case di quegli uomini avari crollarono seppellendo i loro abitanti. Si salvò solo la casetta della vedova generosa che, ricordando le parole dell'ospite, non scostò nessuna porta e finestra per vedere quel che era successo. Si azzardò ad uscire solo il giorno seguente. Al posto del vecchio paese si stendeva un limpido, tranquillo lago. A guardarvi dentro si poteva scorgere sul fondo il campanile della chiesa sommersa.

Considerazioni

Questa leggenda presenta alcuni aspetti interessanti che possono avere un certo riscontro con la casistica ufologica. Per cominciare, la prima domanda da porsi è perché il "globo luminoso" ? In molte altre leggende compaiono delle stelle che si muovono, delle luci volanti, delle streghe volanti, degli arcobaleni, delle apparizioni mariane, ma raramente si trovano i globi luminosi, (o meglio, è molto raro che ciò che viene tramandato sia un "globo luminoso"). Ed è proprio questa una prima singolarità. Il "globo luminoso" rientra spessisimo nella casistica UFO, abbiamo testimonianze, foto e filmati di vere e proprie "sfere volanti" simil-metalliche e/o luminose. Basti pensare alla palla che ruotava attorno alla fusoliera del Concorde in uno dei suoi primi voli sperimentali nel giugno 1976, le sfere viste in occasione dei ben noti "crop circles", gli UFO cosidetti a forma di Saturno, le sfere nel cielo della stampa del 1561 a Norimberga e quella di Basilea del 1566, e così potrei andare avanti a lungo. Il fatto che sia stato luminoso non è utile a determinare se brillava di luce propria o a causa di riflessi metallici. Altro punto da tener presente è "il nano metallifero", perchè metallifero ? Forse uno scafo o tuta spaziale ? Anche il messaggio del nano, rappresentante nella cultura delle leggende come l'antica maledizione dell'oro o meglio della ricchezza che corrompe tutti quelli che in un modo o nell'altro ne entrano in possesso, può farte di un contesto di messaggi rivelati dai contattisti come George Adamski sul bene dell'umanità e sul destino dell'umanità, qui vista in un contesto molto più localizzato. Il rapporto fra entità aliene e le ricchezze del suolo quali oro e argento è già stato ampiamente discusso dall'orientalista Sitchin nel suo libro "Il dodicesimo pianeta". In un contesto leggendario, l'archetipo di questa storia denota un certo apparente distacco fra le comuni "favole" della fantasia montana, distacco che potrebbe rivelare qualcosa di reale, non necessariamente nel luogo ove è ambientata, ma anche solamente in chi l'ha raccontata. Comunque, il monte Calisio rappresenta una vera e propria miniera di "tesori" per la speleologia moderna.

Per altre notizie puoi visitare il sito www.calisio.it